Tommaso Giura Longo, Ambiti di intervento nel Programma biennale di recupero dei Sassi_1990
La Biblioteca digitale di Energheia si arricchisce di un nuovo testo, dell’Architetto Tommaso Giura Longo, apparso all’interno della Rivista bimestrale di studi a cura dell’ANIACAP (Associazione Nazionale fra gli Istituti Autonomi e Consorzi Case Popolari), Fondata da C. Ripamonti nel 1954 e diretta dall’Architetto Marcello Fabbri.
Nella sua introduzione, l’Architetto Fabbri afferma: “È possibile, oggi, leggere correttamente Matera? La città non è un libro: è un complesso di rapporti sociali ed economici dal cui interno si possono cogliere e
decifrare i segni – il linguaggio – che nel loro insieme strutturano il bene collettivo – la città – come aggregato culturale in continuo divenire. La città si fa tutti i giorni. Nel tentare di leggere oggi quei segni, rimasti soli e senza vita, si corre il rischio che lo sguardo divenga contemplativo, esterno rispetto all’insieme dei rapporti sociali ed economici che nei Sassi non esistono più.
La varietà di soluzioni urbanistiche ed edilizie differenziano i Sassi dagli agglomerati contadini della Basilicata bracciantile, caratterizzata invece dalla ripetizione di un tipo edilizio: “casedda”, la casa del bracciante, costruita in serie; ben diversa la struttura dei Sassi, stratificatasi in una evoluzione nettamente urbana. Raffaele Giura Longo, nel suo importante studio “Sassi e secoli” (Matera, 1966), ha colto con grande chiarezza un momento di questa stratificazione, quando descrive un episodio dell’inizio della espansione demografica ed edilizia nel Sasso Barisano, sulla scorta di un atto di vendita del 1435. La descrizione riguarda una “casa palazziata”, nei pressi di una strada vicinale (e quindi non ancora cittadina) che ha davanti a sé una “platea”, e ubicata in un “convicinio”. Intorno vi sono cisterne e grotte ancora vuote.
Alla metà del ’400 i Sassi erano dunque ancora esterni alla Civita, cioè al centro urbano. Giura Longo segue i processi paralleli, di integrazione dei Sassi con la Civita fino a formare un complesso unitario, e di espansione economica e demografica, legata ai rapporti con i centri pugliesi della costa; Matera luogo dei
rapporti, quindi, fra l’Adriatico e le zone interne.
A quella data risale l’assetto fisico dei Sassi qual è visibile ancora oggi: e possiamo dedurne il funzionamento urbanistico. La casa (“palazziata”, cioè costruita e a più vani) è il luogo di abitazione, e fa parte di un “recinto” o vicinato, nel quale si trovano grotte, depositi, cisterne, laboratori. L’economia dell’azienda agricola, dalla quale questa aggregazione funzionale è nata, si presta ad essere adattata – una volta compresa nell’aggregato urbano – a tutte le esigenze funzionali di una economia artigianale e mercantile. Vicinati e case si affacciano sulla strada continua, che costituisce un percorso unitario snodato a diversi livelli (i “gironi infernali” di Levi). Il rapporto fra casa, vicinato, strada è un legame continuo fra la sfera della attività privata e la città, e la stessa struttura a gradini dei Sassi permette in generale di vedere da ogni punto e da ogni casa il complesso urbano e di sentirsi parte integrante di una struttura
unitaria.
La frattura in questo processo di crescita organica, avvenne – sulla scia di un periodo di crisi generale per tutto il Mezzogiorno – con la separazione di Matera dalla Terra d’Otranto, e la sua elevazione a sede della Regia Udienza di Basilicata, nel 1663. Si accresce progressivamente una classe di professionisti, magistrati, burocrati, gabellieri e soldati, classe che aveva bisogno soltanto di case, e non di aggregazioni edilizie capaci di accogliere funzioni aziendali.
Crebbe così la Civita, mentre sparirono presto tutte le attività legate ai rapporti mare-montagna: commercio, artigianato, trasformazione dei prodotti.
I Sassi vengono lasciati ai contadini, e la Civita volta loro le spalle. È quindi una condizione di emergenza continua quella che si viene progressivamente a creare, e nella quale ritroveremo i Sassi del 1950: una situazione in cui i contadini, ridotti alla condizione bracciantile dall’allargarsi del latifondo e, più tardi, dalle grandi usurpazioni baronali sulle terre demaniali, sono costretti ad affollarsi dove possono, utilizzando grotte e depositi come abitazioni. La struttura urbana viene riutilizzata (“reinventata”) secondo i bisogni della sopravvivenza: i vicinati, da centri della struttura aziendale divengono nodi focali della solidarietà sociale, creata dalle esigenze di una continua emergenza da affrontare. Sono gli aspetti di questa emergenza che colpiscono Levi. E dalla commozione nata dal successo del ‘Cristo’, nascono la grande inchiesta INUUNRRA CASAS, promossa da Adriano Olivetti, il borgo rurale La Martella, di Ludovico Quaroni, per lo sfollamento dei Sassi e il piano regolatore di Luigi Piccinato, che organizza la città secondo un modello originale, per quartieri attestati sulle colline, e con un delicato rapporto città-campagna. Una città esemplare, prototipo dei migliori risultati dell’urbanistica italiana di quegli anni”.