Un commento al film documentario – Cobain: Montage of Heck.
Per il Ciclo Onde Lunghe – la musica raccontata – alcune considerazioni sul film documentario Cobain: Montage of Heck.
Sia chiaro: non è un film sui Nirvana e neanche un film sul Grunge.
Il Film documentario – Cobain: Montage of Heck -, si concentra ed è articolato sulla vita del cantante morto a soli 27 anni. Intelligente è la costruzione del documentario che sin dall’inizio chiarisce il profilo di un artista in grado di cancellare il pop dalle classifiche per irrompere sfacciatamente in un sistema, quello musicale a stelle e strisce, pervaso come lo stesso Kurt afferma, dai capelli al vento dei Gun’s Roses o dalla rauca voce del Boss.
Si può immediatamente intravedere il protagonista del documentario che prende forma e nome nel Ritamil che la mamma di Kurt somministrava al proprio figlio quando aveva due anni. Quel Ritamil che cambierà nome e modalità di somministrazione ma che non ci lascerà mai per tutto il film.
L’analisi introspettiva dell’artista segue il filo conduttore dell’artista maledetto, del pittore, del poeta, dello scrittore e, infine, del cantante. Un cantante disinteressato allo show business ma che cercava consensi, quei consensi che gli sono mancati da bambino e da adolescente “sballottato” tra madre, padre, nonni e matrigne fino al punto in cui la vita, e questo è uno dei passaggi più importanti del film, sembrava non interessargli più. I fan dei Nirvana devono ringraziare il treno che cambiò binario quando Kurt decise, in preda ad un senso di umiliazione indotto dalle situazioni, di farla finita prima ancora di diventare Kurt.
Il documentario mette in evidenza la distanza tra l’intimità dell’artista e tutto ciò che lo circonda, il Ritamil è diventata “erba”, l’erba diventa pillola, la pillola diventa eroina. Tutto ciò lo aiuta, emerge chiaramente dal film, come se non ci fosse altra soluzione ai suoi dolori anche fisici.
Protagonisti umani sono Novoselic, il bassista della Band, che esprime nei suoi interventi una sensibilità straordinaria rispetto alla funzione (e non alla “condizione”) di Kurt e la moglie Courtney che con le sue considerazoni fa emergere un Kurt imprigionato dal suo passato e dall’eroina dove neanche la nascita della figlia riesce a ristabilire un equilibrio, anche apparente. I fan dei Nirvana possono gioire.
Un film ben fatto utile ad approcciarsi con l’artista ma che non chiarisce quale è il Karma che Cobain portava con se. Non chiarisce le ragioni per cui milioni di fan lo hanno eletto a idolo, non chiarisce perché in quel “I feel stupid and contagious” c’è la storia di una generazione, una storia che deve ancora essere raccontata