L'angolo dello scrittore

Una crisi culturale, non economica

_di Valentino Parlato (Pubblicato il 4.giugno 2015)

 

Non ho resistito alla tentazione, forte, di andare a Trento per la decima edizione del Festival di Economia, questa volta sul tema “mobilità sociale”. Scrivere un serio resoconto di queste cinque giornate con una novantina di incontri e dibattiti richiederebbe troppo spazio, tenterò una sintesi, forse troppo personale. Il tema della mobilita’ sociale si è rivelato molto interessante, direi anche drammatico, di fronte al crescere della disuguaglianza e mi colpisce negativamente (un altro segno dei tempi) la scarsa attenzione della stampa e dei politici. Matteo Renzi, appassionato di presenzialismo è venuto a fare la sua comparsata, ma senza nessun impegno e Piketty lo ha allegramente sfottuto dicendo: «Renzi è venuto a informarci che l’austerità finirà a settembre». Renzi poi ha proseguito ed è andato a trovare i soldati italiani in Afganistan per assicurarli che ci resteranno ancora.

Fare i nomi di tutti gli intervenuti riempirebbe una pagina, ma almeno i premi Nobel come Joseph Stiglitz e Paul R. Krugman non posso trascurarli. Importante e incoraggiante è stata la forte e costante presenza di moltissimi giovani, quelli che più soffrono delle diseguaglianze crescenti. Una presenza di giovani cosi attenta e impegnata da far dire a David Autor, direttore associato del dipartimento di economia del prestigioso Mit che una presenza del genere e su argomenti cosi complessi era impensabile negli Stati Uniti.

Di fatto e anche nella sostanza dello sviluppo di questo Festival i lavori sono stati aperti dal premio Nobel Joseph Stiglitz sulla crescente e inarrestabile disuguaglianza sociale che ha il suo massimo – ribadisce Stiglitz – negli Stati Uniti ( ma l’Italia non è da meno, collocandosi al terzo posto nella graduatoria mondiale delle diseguaglianze dopo Usa e Gran Bretagna). Negli Usa un normale lavoratore in termini di potere d’acquisto guadagna meno di quarant’anni prima. Questo fenomeno della crescita delle diseguaglianze è strutturale e la politica non ha fatto niente per impedire o almeno frenare questa deriva in un mondo dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Questa crescita delle diseguaglianze (a meno di una rivoluzione del tutto improbabile) toglie forza alla politica e ci porta – come in questi tempi – al rischio di liquidare l’euro e alla crisi dei paesi dell’Europa del Sud. A questo proposito Lucrezia Reichlin, nel dibattito sul futuro dell’euro e l’estinzione del debito, ha affermato che la Grecia avrebbe potuto essere salvata a poco prezzo nel 2010. Piu duro è stato Piketty per il quale mentre la Grecia è schiacciata dal debito, nel 1945 il debito della Germania, che era pari al 200 per cento del Pil, fu azzerato.

Siamo in una situazione nella quale il risparmio non solo paralizza la politica, ma fa crescere il debito e porta al default.

Sono tornato a Roma, un po’ prima che il festival si concludesse, stimolato ma anche un po’ confuso. Certo, all’ingrosso, sono ancora più convinto che l’attuale capitalismo e’ il dominio di pochissimi e che la disuguaglianza cresce e si moltiplica: anche dall’apparente bene nasce il male.

Gli Stati Uniti sono la società di massima disuguaglianza e anche in Italia siamo su questa strada: l’attuale diseguaglianza è in crescita e prospetta barbarie. Ma di fronte a tutto questo che fare? E qui lamento la scarsa attenzione che la nostra stampa e anche i nostri politici e intellettuali hanno avuto nei confronti di questo festival. Come liquidare tutte le false speranze di ripresa alle quali ci raccomanda di non dare troppo peso anche il nostro governatore della Banca d’Italia?

Innanzitutto cercando di capire e illustrando la situazione presente, come hanno fatto a Trento. E non dovrebbe essere neanche molto difficile. Alessandro Portelli lo ha brillantemente spiegato nella sua lezione “Sogni americani: dal Grande Gatsby a Bruce Springsteen”. Portelli facendoci ascoltare poi traducendo il celebre cantante americano ha indicato come si ritrovano in quelle parole gli insegnamenti di Stiglitz.

Dobbiamo sforzarci di mettere in piena luce, anche in piccoli gruppi l’insegnamento di Trento. Illustrando e mettendo al primo posto il tragico e socialmente suicida crescere della diseguaglianza. Mettendo anche noi, una volta di estrema sinistra, in evidenza il grave problema della liquidazione in corso del ceto medio. Pensando a nuove forme di lotta da parte dei lavoratori dipendenti che una volta erano la forte classe operaia e che oggi sono derisi e calpestati. Ponendo, e soprattutto studiando, la questione dei giovani. Sbilanciamoci ha già fatto un positivo lavoro con il Workers Act : dovremmo organizzare riunioni per illustrarlo e dare ai lavoratori la speranza che si può cambiare, che debbono tornare a essere protagonisti.

Siamo in una crisi sociale e politica ma, lo sottolineo, anche di cultura. I Nobel in questa occasione ci hanno aiutato – non a caso questo decimo Festival si è collocato a sinistra. Ci hanno servito la palla. Ora tocca a noi. Non possiamo dimenticare che senza un fondamento di seria cultura la sinistra non sarebbe mai emersa. E oggi la sua crisi economica e sociale è fondamentalmente di cultura, nella nostra attuale incapacità (anche poca voglia) di studiare e capire i processi economici e sociali.