Domenico Vendola, Un capitolo di Storia del Monastero di S. Agata e S. Lucia di Matera
L’associazione Energheia pubblica in formato digitale un breve testo di Domenico Vendola sul Monastero di SS. Lucia e Agata di Matera, ricavato da pergamene acquistato dall’Archivio Segreto del Vaticano
“Esse contengono atti notarili riguardanti la donazione fatta a quel monastero di una grande tenuta e alcune vicende di questa nel Secolo XIII. Il più antico rimonta all’anno 1208, due sono del 1273, uno del 1282 e l’ultimo del 1291. Questo documento è l’autenticazione d’un istrumento fatto nel 1267, il quale a sua volta ne contiene altri due dello stesso anno.
La Baronessa Mattea, figlia di Roberto di Bartinico nel marzo del 1208 alla presenza di Donnando, regio giudice di Matera, di Riccardo figlio del castellano sire Bisanzio, di sire Giovanni Fattizza di Jaspide di Pietro, consenziente suo marito Eustasio de Ammirato, volendo lasciare il mondo e consacrarsi a Dio donò irrevocabilmente al monastero di S. Agata di Matera tutti i suoi beni personali e dotali, che possedeva jure paterno. Accettò la donazione la monaca Eugenia2 assistita dal giudice Maraldicio avvocato del monastero.
Il grado sociale della donatrice, la sua condizione di coniugata e la larga donazione fecero sì che, nello stesso giorno in cui tale donazione ebbe luogo, subito in continenti, alla presenza dei testi suddetti, la baronessa non solo ricevesse, col consenso del marito, l’abito monacale, ma fosse eletta Abbadessa del monastero per mandato di Gregorio3, Cardinale Diacono di S. Teodoro, legato apostolico in Puglia e ricevesse la benedizione da Simone, Abbate del monastero di S. Eustasio di Matera.
I beni donati consistevano in un vasto latifondo denominato Castello Nuovo i cui confini sono minutamente descritti nell’atto4. Dalla loro enumerazione si vede che il terreno donato confinava con i territori di Palazzo S. Gervasio, Minervino, Montemilone, Monte Selicola, Cervarizia e Gaudiano5. Il vastissimo latifondo poteva avere sù per giù una lunghezza di 10 chilometri e una larghezza press’a poco uguale.
Il Monastero di S. Agata veniva così ad acquistare una rendita non indifferente, che ne aumentava i proventi e lo poneva in un grado particolare di opulenza in confronto degli altri monasteri della regione lucana”.